martedì 25 ottobre 2016

Aristocrazia Europea con Assocastelli.





ASSOCASTELLI: il presidente Ivan Drogo Inglese con la principessa Francesca Lovatelli Caetani ed i consiglieri Avv. Federico Filippo Oriana (presidente ASPESI), Prof. Roberto Comneno d'Otranto (presidente comitato scientifico) e Roberto Jonghi Lavarini (vice presidente di Aristocrazia Europea); la nobildonna georgiana Lali Panchulidze, Lorella Calciolari, la cardiologa russa Yana Yacinko e la giornalista Monica Ramaroli, Enrico Gallo, la contessa Katia Melzi d'Eril dei Duchi di Lodi ed il conte Alessandro Romei Longhena.

mercoledì 19 ottobre 2016

Sicilia: palazzi barocchi, nobiltà, arte e cultura...

Il palazzo Gangi a Palermo e "Tempo di Porazzi" l' ultima composizione di Richard Wagner - Principi Giuseppe e Carinne Vanni di San Vincenzo - Visita del presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici

di Achille Colombo Clerici


Ho ancora davanti agli occhi e nella mente i
templi di Selinunte, dove si ha la sensazione del rapporto dell'uomo con il divino.

Qui, nella serenita' della luce che si intravvede attraverso le file di colonne doriche elevate al cielo, davanti a questi templi ai quali gli antichi uomini accorrevano in massa da ogni dove, sobbarcandosi giorni e giorni di viaggio, si ha l'idea dell'ansia che spingeva l'uomo a relazionarsi con Dio, per superare l' atavica paura dell'ignoto.
Oggi siamo di fronte al fenomeno opposto, all'individualismo e alla secolarizzazione.

L'uomo per superare l'ansia filosofica del futuro sconosciuto si relaziona con gli altri uomini, ma senza Dio; richiama il dipinto di Brueghel, "La parabole des aveugles", in cui i ciechi si sostengono l'un l'altro camminando in fila, ma non sanno dove vanno.
Come noi, d'altronde, senza Dio non sappiamo dove andiamo.

Assorto in questi pensieri, in casa Gangi  a Palermo, mi soffermo nel salone antistante quello delle feste,  dove Luchino Visconti ha girato la celebre scena del Gran Ballo del Gattopardo sulle note del Valzer di Verdi.

Tutto è ancora perfetto in quella dimora che è una delle meglio conservate, o restaurate direi, di Palermo. La padrona di casa, Carine Vanni di San Vincenzo, ci fa da guida. Sotto il quadro di un'ava ci sono ancora gli orecchini originali portati dalla dama ritratta. Sul pianoforte, in bella mostra, una lettera firmata Richard Wagner. Il maestro ringrazia la famiglia Gangi per la casa che gli è stata messa a disposizione nella primavera del 1882 a Porrazzi, alle porte di Palermo.

Questa lettera mi richiama alla mente il testo autografo dell'ultima composizione di Wagner, proprio legata a questa località.

Wagner nel 1881 era arrivato a Palermo per svernare in un clima mite. Viaggiava sempre con un codazzo di gente al seguito.  Wagner occupa tutto un piano dell' hotel des Palmes  e qui lavora alla conclusione del Parsifal, sull'organo dell'albergo. Tutti accorrevano per potergli stare vicino, entrare in qualche rapporto con lui, per l'aura di genialità che lo circondava.

Lui partecipava ai salotti, era un grande affabulatore. A un certo punto si stancava di parlare e rimaneva immoto. Allora Cosima interveniva in modo deciso e faceva presente: “il maestro ha un'ispirazione”, e gli strofinava dei veli, di seta di diversi colori a seconda delle circostanze, sulle tempie e sul viso, invitando gli astanti a prendere commiato.
Era un rito che alimentava l'aura di magicita' attorno al celebre compositore.

Mentre Wagner sta lavorando alle ultime note del Parsifal, giunge da Napoli Pierre Auguste Renoir, per fargli un ritratto.
L'artista doveva esser latore di una lettera di presentazione di un musicista comune amico dei Wagner.

Ma sulla nave Renoir si era reso conto di avere lasciata la lettera a Napoli. Si presenta lo stesso e Wagner non lo riceve neanche; lo fa allontanare dalla servitù.

Ricevuta finalmente la lettera, Renoir torna al des Palmes. Wagner legge le credenziali e l'accoglienza cambia. Il maestro -  dicono all'artista in attesa - e' molto nervoso perche' sta apponendo l'ultima nota al Parsifal. Ma, appena terminato il lavoro lo ricevera' subito. Cosi' Renoir gli fa quel ritratto che ora si trova al Musee'd'Orsay.

La famiglia Wagner riceve dal direttore del "Des Palmes" il conto provvisorio del soggiorno e si allarma. Wagner fa le solite sceneggiate accusando i siciliani di essere dei briganti. I Wagner decidono di lasciare l'albergo e devono cercare una casa che li ospiti. I palermitani si danno da fare per saldare il conto. Il conte Tasca gli offre ospitalità. Cosima, da buona concreta manager, scarta villa Camastra dei Tasca a Porrazzi perché troppo grande e difficile da gestire. Il Tasca suggerisce allora villa Gangi, sempre a Porrazzi, di proprietà del genero.
Era una casa di campagna, priva degli agi delle case di citta' e d'inverno era piena di spifferi e di umidita': il figlio Siegfried vi si ammala. Wagner dà in escandescenze e se la prende con i Gangi, ma poi gli passa e rimane riconoscente a questa famiglia.

In quell'occasione a Porrazzi frequenta anche il giardino e la villa Camastra dei Tasca.

Aveva in mente, da oltre trent'anni, dai tempi dell'Oro del Reno la cui ispirazione si riconduce ad uno dei passi alpini piu' rudi e selvaggi proteso nella luce del cielo, lo Julier Pass, che in Engadina conduce da Silvaplana a Savognin,  una brevissima melodia. Una specie di flash melodico di una bellezza assoluta. A Porrazzi la scrive, riportandola su un foglio di pentagrammi e la dedica a "Seiner edlen Freundin Grafin d'Almerita Tasca": firmato Richard Wagner.

La data di quel manoscritto, che in copia tengo fra le mie carte, è il 20 marzo 1882. Il “Tempo di Porazzi” è l'ultima composizione di Wagner. A Ca' Vendramin, oggi sede del casinò di Venezia, l'anno successivo, il 12 febbraio, giorno prima di morire, Wagner esegue al pianoforte due melodie: il Tempo di Porazzi e "Il Lamento delle vergini' da 'L' oro del Reno'. Il suo cuore tornava sempre la', su quelle montagne, nella serenita' della luce.

Tempo di Porazzi non è una composizione compiuta, ma un abbozzo di melodia, senza alcuna armonia. Non si capisce in che tonalità debba essere eseguita. Qualcuno dice in do maggiore, ma allora diventa Chopin. Nessuno osa eseguirla perché dovrebbe azzardarsi ad applicarle un'armonia: e chi puo' avere tanto ardire ?  Il "Tempo di Porazzi" è dunque una composizione quasi sconosciuta. Solo qualche flauto se ne ricorda. Ma a casa Gangi il ricordo non dovra' mai svanire.

“Cavalry and Guards Club”

 
 
Il vice presidente di Aristocrazia Europea, Nob.Cav.Dott. Roberto Jonghi Lavarini (Walser Freiherr von Urnavas), è stato nominato “socio ospite” del “Cavalry and Guards Club”, prestigioso ed esclusivo circolo aristocratico di Londra, presieduto da SAR il Duca di Kent.

http://www.orthodoxtheologicalinstitute.org/news_160705_1.html

lunedì 17 ottobre 2016

Lutto per la morte di Sua Maestà Kigeli V, ultimo Re del Ruanda.


16 ottobre 2016
 
Profonda tristezza per la morte, in esilio, di Sua Maestà Re Kigeli V Ndahindurwa, l'ultimo Re del Ruanda, fino al 1961, Le nostre piu sincere condoglianze alla Famiglia Reale, alla Segreteria Reale ed ai tantissimi fedelii sostenitori del monarca tradizionale.
 
Ricordo personalmente il Sovrano con stima, simpatia e riconoscenza.
 
Roberto Jonghi Lavarini
vice presidente pro tempore di Aristocrazia Europea
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Tamburo

domenica 16 ottobre 2016

Grande evento della Nobiltà a Roma.



ECCEZIONALE REUNION DI NOBILI IN CAMPIDOGLIO PER IL V CONVEGNO DI STUDI DI DIRITTO NOBILIARE

La sala protomoteca del Campidoglio è tornata per un giorno, venerdì 7 ottobre, a celebrare i fasti dell'aristocrazia italiana con il V Convegno di studi di Diritto Nobiliare "la Nobiltà Cittadina e di Funzione" promosso dall'Istituto Internazionale di Diritto Nobiliare Storia ed Araldica di Viareggio, anfitrione dell'evento culturale annuale più atteso dai nobili romani, il Marchese Prof. Emilio Petrini Mansi della Fontanazza (docente di Diritto Nobiliare Comparato, coordinatore del relativo Corso all' Ateneo Pontificio Regina Apostolorum) e titolare dello Studio Legale di Diritto Nobiliare di Viareggio che ha esordito ringraziando gli enti patrocinanti tra i quali il Comune di Roma, l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, l’Associazione Cavalieri di San Silvestro, l'Accademia Nazionale Cerimoniale Immagine e Comunicazione, la testata Heritage & Traditions e l'Annuario della Nobiltà Italiana. Introducendo il Marchese della Fontanazza ha tracciato la differenza tra nobiltà civica (legata alle Città più antiche dove risiedevano le pubbliche Magistrature, e per questo create Nobili, dotate di un proprio elenco dove venivano iscritti i rappresentanti delle famiglie che potevano dimostrare di vivere, more nobilium, del proprio patrimonio e di conseguenza non esercitare arti vili e meccaniche e che potevano vantare alleanze matrimoniali con famiglie di pari condizione o titolate, queste furono anche le condizioni che permisero ai soli nobili di governare le Città) e la nobiltà feudale così detta titolata. Particolarmente toccante il saluto di Mons. Luigi Francesco Can. Casolini di Sersale ricordando il primo convegno che si svolse proprio nella Rettoria Vescovile di San Silvestro in Tivoli. Interessanti tutte le relazioni dalla genesi storica del patriziato romano trattata dal Prof. Lorenzo Franchini (Università Europea di Roma), alla nobiltà proveniente dalle professioni giuridiche letta per conto del Prof. Enrico Spagnesi dall'Avv. Prof. Fausto Giumetti (Università di Firenze), il Marchesato di Cetona, il feudo come ricompensa trattato dal Prof. Raffaello Cecchetti (Università di Pisa), autore del Manuale di Diritto Nobiliare e della Storia del Diritto Nobiliare Italiano ed. Pisa University Press, alla nobiltà senese trattata dallo storico Luca Fusai, con un richiamo alla sigillografia e al dottore della Chiesa Ildegarda di Bingen della catanese Luisa Trovato ex studentessa del Corso di perfezionamento in Diritto Nobiliare, Scienze Araldiche e Cerimoniale attivato all'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Gli stemmi tratti dall'Annuario della Nobiltà Italiana hanno affascinato l'attenta platea che ha particolarmente apprezzato la spiegazione del direttore ed editore Nob. Prof. Andrea Borella (docente di Araldica ed Araldica Ecclesiastica Ateneo Pontificio Regina Apostolorum) che ha ripercorso la storia del più completo repertorio storico araldico genealogico delle famiglie nobili d'Italia. Curiosità per il calendario Pontificio edito da Ettore Gallelli Benso e per l'avvio della testata Heritage & Traditions a cura di Donna Katia Ferri Melzi d'Eril dei Duchi di Lodi un periodico della nobiltà europea per tutto ciò che ruota intorno all'aristocrazia dagli appuntamenti mondani, culturali alle dimore storiche e molto altro.

Tra gli innumerevoli ospiti presenti spiccavano esponenti dell'aristocrazia italiana come i Principi Carlo ed Elisa Massimo, Stefano Pignatelli di Cerchiara, Pierluigi Brancia d'Apricena, Danilo Moncada Zarbo di Soria, Giuseppe Grifeo di Partanna, il Duca Luigi Catemario di Quadri, la Baronessa Cetty Lombardi Satriani di Porto Salvo, lo stilista astrologo di chiara fama Massimo Bomba, i Nobili Manno e Violetta Manni, il Marchese Giovanni Nicastro Guidiccioni, il Marchese Franzo Bruno Statella di Spaccaforno, il Nob. Emanuele dei march. Bongiorno di Canigliari, il Nob. Demetrio dei bar. Baffa Trasci Amalfitani di Crucoli, il Barone Fabrizio Mechi, Luisa Paladini de Mendoza che gentilmente ha portato i saluti del Principe Ottaviano de' Medici di Toscana, il Barone Fabrizio Formica di Cirigliano, l'Arch. Niccolò Bolognini Martinozzi, il Barone Patrizio Imperato di Montecorvino, il Nob. Antonino Lazzarino de Lorenzo, il Conte Enzo Modulo Morosini, la Baronessa Isabella Corsi di Turri Gallelli Benso, il Nob. Fabio Cassani Pironti, Alessandro D'Orazio, Giampiero Stancati, Francesco Ugolini anche in rappresentanza di Aristocrazia Europea ed esponenti del mondo dell'arte, delle professioni e dell'imprenditoria come l'artista Roberto Di Costanzo, l'imprenditore tipografo Michele Maria Biallo, Elena Kimble, Pier Paolo Troccoli, Marco Crimi, Giovanni Chianese, Laura Azzali, Davide Colombo Segretario dell'Unione Monarchica Italiana, Giampiero Ventura Mazzuca, il dannunzista Filippo Sallusto, Comm. Annamaria Croce che gentilmente ha portato i saluti di Don Ettore d'Alessandro Duca di Pescolanciano, l'Avv. Antonella Sotira presidente di Jus Gustando, Antonia Manfredi, Ranieri Roda, Carla Zambrini, Ruben Razzante dell'Università Cattolica di Milano, Carlo Sportelli di Roma Tre, Bianca Maria Caringi Lucibelli, Claudio Pierri Cecaro e molti altri.

La serata è proseguita con un ricevimento in un noto locale affacciato sul Colosseo.

Alcuni articoli che hanno trattato l'evento ed in allegato l'articolo uscito su Il Tempo di mercoledì 12 ottobre
http://www.tgregione.it/eventi/la-nobilta-toscana-campidoglio/
http://www.versiliatoday.it/2016/10/10/la-nobilta-toscana-campidoglio/
http://www.gonews.it/2016/10/10/campidoglio-un-convegno-sulla-nobilta/
http://www.stamptoscana.it/articolo/cultura/in-campidoglio-un-convegno-sulla-nobilta-toscana
 In allegato l'articolo uscito mercoledì 12 ottobre 2016 sul quotidiano IL TEMPO e di giovedì 13 ottobre 2016 sul settimanale LA NOTIZIA.

N.B. = Per la nostra Associazione Culturale Aristocrazia Europea era presente il Delegato per Roma ed il centro Italia, il Nobile Dott. Francesco Ugolini Pentini Rossini, ma ricordiamo che sono nostri consoci anche l'organizzatore del convegno, il Marchese Prof. Emilio Petrini Mansi della Fontanazza, Monsignor Luigi Casolini di Sersale (membro del Comitato d'Onore), la Contessa Katia Ferri Melzi d'Eril dei Duchi di Lodi ed il Conte Enzo Modulo Morosini di Risicalla e Sant'Anna.

sabato 15 ottobre 2016

Continuano le adesioni ad Aristocrazia Europea...


Il Nobile Dott, MAURIZIO GUSSONI, Presidente della Croce Rossa Italiana della Regione Lombardia, giornalista, già storico dirigente politico e amministratore pubblico della destra italiana, è nuovo socio della nostra associazione culturale Aristocrazia Europea.

Fra i nuovi soci anche il Nob.Ing. Michele Calò ed il Dott. Davide Rossi.

venerdì 7 ottobre 2016

Nuove prestigiose adesioni ad Aristocrazia Europea...

 
 
Il gentiluomo Giancarlo Maresca (dei duchi Donnorso Correale Revertera di Serracapriola, marchesi di Camerano, conti di Tronco, patrizi napoletani, cavalieri del Reale Odine di San Gennaro, ecc...), uomo di grande cultura e stile, presidente (gran maestro) dell'associazione (ordine) dei Guardiani delle Nove Porte, entra nel Comitato d'Onore di Aristocrazia Europea.

 
 


Il giovane gentiluomo avvocato FRANCESCO UNGARETTI dell'IMMAGINE, pronipote del poeta e scrittore Giuseppe, è nuovo socio di Aristocrazia Europea.

martedì 4 ottobre 2016

Nobiltà, cultura, arte e vino...


Il vice presidente della associazione culturale Aristocrazia Europea, il barone cav. dott. Roberto Jonghi Lavarini, con il noto produttore di vino Severino Barberino, ed il marchese avv. prof. Emilio Petrini Mansi della Fontanazza, uno dei massimi esperti italiani di genealogia e araldica, docente alla Università Pontificia di diritto nobiliare.

Storia, Nobiltà, Genealogia e Araldica...

 
 
E' uscita la nuova prestigiosa raccolta storica, genealogica, araldica e nobiliare, edizione 2016, curata dal nostro consocio Conte Cav. Prof. Enzo Modulo Morosini di Risicalla e Sant'Anna.
 
Informazioni: tradizioneuropea@gmail.com

lunedì 3 ottobre 2016

Ordine di Malta: tradizione e solidarietà...

 
Aristocrazia Europea era rappresentata dai Cavalieri SMOM: Avv. Domenico Frasca, Dott. Stefano Linati e Dott. Massimiliano Prati. Assocastelli dal consigliere nazionale Nob.Cav.Avv. Achille Colombo Clerici, nella foto, con il Delegato SMOM Lombardia, Barone Guglielmo Guidobono Cavalchini, con le rispettive Dame.
 
 
 
Istituto Europa Asia IEA EUROPASIA
Europe Asia Institute Informa

Pellegrinaggio a Monza del Sovrano Militare Ordine di Malta
I CAVALIERI CHE MILITANO IN DIFESA DI POVERI E AMMALATI          

Domenica 2 ottobre 2016 il Gran Priorato di Lombardia e Venezia dello SMOM Sovrano Militare Ordine di Malta - in vista della prossima conclusione del Giubileo della Misericordia - ha organizzato uno speciale pellegrinaggio al Duomo di Monza dedicato a San Giovanni Battista, patrono dell’Ordine, con processione e solenne celebrazione eucaristica.
 
Centinaia le dame e i cavalieri in abito da cerimonia, i volontari dei pellegrinaggi e del Corpo Italiano di Soccorso Ordine di Malta - CISOM.
 
Comitato organizzativo composto da: Mario Abate, Alberta Berlingieri, Katja Bokun di Cetina, Luisa Borromeo d'Adda, Domitilla Clavarino, Marzia di Carpegna Brivio, Domenico Frasca, Milana Fuerstenberg, Massimiliano Galletti, Sofia Guetta, Floriana Mentasti, Valentina Ostrowsky, Tana Ruffo di Calabria, Carlo Settembrini Sparavieri, Gabriele Tosi.
 
Ospite d’onore il principe e gran maestro Frà Matthew Festing accolto dal procuratore del priorato Clemente Riva di Sanseverino e dal  Delegato di Lombardia Guglielmo Guidobono Cavalchini.
 
Dopo l’arrivo e la vestizione dell'abito di chiesa  si è svolta la processione e quindi la Messa solenne presieduta da mons. Marco Navoni, cappellano della Delegazione di Lombardia, musicata dal Coro e Orchestra d'archi del CISOM diretta dal M° Benaglia. Durante il sacro rito è stata comunicata la concessione di Papa Francesco dell’indulgenza plenaria a tutti i partecipanti.  E sono stati riaffermati i principi cui si ispira l’Ordine: sradicare dai cuori le male piante dell’orgoglio, della sopraffazione,  delle passioni per il denaro e per la carriera prestando attenzione e aiuto agli ultimi, ai malati, ai deboli esercitando al contempo la sublime arte del perdono.
 
La banda civica di Monza ha portato il saluto della città. In precedenza si era svolta alla Villa Reale di Monza una serata di gala per raccolta di fondi destinati alle innumerevoli attività di beneficenza dell’Ordine.

La storia della Sacra Militia di San Giovanni di Gerusalemme in Lombardia  è estremamente ricca e vivida di testimonianze storiche sparse sul territorio, di manufatti architettonici e documenti presso archivi storici di Stato e diocesani.

Dal XII al XVIII secolo numerose tracce hanno segnato lo sviluppo di una rete di hospitia, commende, baliaggi, precettorie e chiese priorali facilitate dalla presenza di antiche vie consolari trasformate in vie di fede dirette verso Roma. Nella nostra regione i Giovanniti determinarono lo sviluppo delle tecniche agricole, dell’architettura, delle arti, della farmacopea e della spiritualità favorendo numerose vocazioni di assistenza verso  ammalati e  poveri.
 
L’operosa cultura lombarda pare abbia attinto suggerimenti dalla militia giovannita - detta peraltro dagli storici “dell’Ospedale” distinguendola da altri Ordini Cavallereschi sorti nel XII secolo - ed ha determinato numerose strutture di aiuto agli ammalati e basi logistiche per il transito di una grande quantità di pellegrini. La storia delle diocesi lombarde segnala numerose funzioni assistenziali ed ospitaliere iniziate proprio dai Giovanniti, tanto da poter dire che queste tradizioni umanitarie e sociali sono state fino a noi tramandate.

Allocuzione cavalleresca...

 
Insondabili Cavalieri,
 
è noto quanto al popolo piaccia abbuffarsi quotidianamente nel rumoroso fast food dell’informazione. I dotti siedono invece alla tranquilla tavola della cultura, dove ordinano alla carta. Gli eletti infine, quel che ciascuno in questa corte ha scelto di provare ad essere, non si accontentano né delle notizie, né della conoscenza. Vogliono capire. La sapienza, però, non sta lì ad aspettarci in un libro o un punto determinato. Si nasconde in posti molteplici e impensati, spesso sgradevoli o pericolosi, in cui solo una sincera vocazione alla ricerca può condurre. Il nostro metodo, messo a punto in tanti anni di lavoro comune nel sito e nei convegni, considera indispensabile alla comprensione di un oggetto l’individuazione del contesto, delle persone e degli scopi che gli hanno dato vita. Ciò vale anche per la cavalleria.
 
In Occidente fu Atene la prima a dotarsi di un corpo equestre, che intorno al 440 a.C. superava le mille unità e fu fondamentale nelle guerre persiane. La santa alleanza tra uomo e cavallo divenne però un archetipo immortale grazie al ventennale binomio tra Alessandro Magno e Bucefalo, che si sciolse solo con la gloriosa morte dell’animale dopo la battaglia di Idaspe. Correva l’anno  326 a. C.. Un secolo  più tardi provocò grande scalpore la sconfitta romana a Canne, in gran parte dovuta all’abilità con cui Annibale manovrò la cavalleria numida. Circa venti anni dopo Cartagine venne castigata a Zama da Scipione (quello dell’elmo del nostro inno nazionale), che non solo aveva fatto tesoro della tattica del nemico, ma era riuscito a ingraziarsi i numidi e farseli alleati. Da allora la cavalleria assunse un ruolo chiave nella milizia romana, sino ad allora centrata sulla fanteria. Dunque, se parliamo di cavalleria, il primo dato da assimilare è che nacque per sfondare le linee nemiche, non per aprire la portiera alle signore. Un uomo armato, se montato a cavallo guadagna in statura, mobilità e forza. Il problema è che mantenere e addestrare un cavallo, per non parlare del cavaliere, è una faccenda costosa. Quando l’invenzione della staffa e della resta, che consentiva di fermare la lancia al torso, resero la cavalleria pesante un’arma tattica paragonabile ai cacciabombardieri di oggi, un esercito serio non ne poteva fare a meno.
 
Non restava altro che reclutare come cavalieri elementi economicamente autonomi, o renderli tali con dei benefici. Greci e romani avevano adottato la prima soluzione, dai Merovingi in poi il medioevo scelse la seconda. Il re si circondava di un gruppo di guerrieri scelti, i trustis, cui concedeva vari privilegi. Da Carlo Magno in poi, vennero loro riconosciuti onori e terre in un rito, detto omaggio, in cui il vassallo che li riceveva si dichiarava fedele al proprio signore. In tale usanza, durata secoli e simbolicamente tramandatasi sino ai giorni nostri, troviamo alcuni dati determinanti. La cavalleria è una forma di nobiltà che proviene dalla fede e dall’affidabilità, non dalla nascita. E’ servizio ed esempio, non comando. Va anche aggiunto che al cavaliere diventato castellano l’agiatezza consentì gusti raffinati, che si sublimavano nell’idealizzazione della donna. E’ a questo punto che la cavalleria si lega alla galanteria.
 
Torniamo ora alle vicende storiche, per scoprire gli ultimi elementi. Per secoli la chiesa cristiana non aveva favorito il pellegrinaggio, anzi la regola di San Benedetto aveva sancito per i monaci la stabilitas loci. Nell’XI secolo le cose cambiarono. L’influente abbazia di Cluny promosse il pellegrinaggio verso Santiago di Compostela, che traccerà quel Patrimonio dell’Umanità che oggi conosciamo come Camino Frances, ma si fanno più frequenti anche le partenze verso Roma lungo la Via Francigena e quelle verso Gerusalemme. Poiché quest’ultima era in mano musulmana, i cristiani che vi giungevano erano particolarmente esposti. Per garantire sicurezza ai fedeli diretti in Terra Santa, Urbano II indisse la prima crociata, cui parteciparono in 40.000. Alcuni erano avventurieri che speravano di acquisire ricchezze, ma non pochi furono quanti se ne spogliarono per partire. Sinceramente trovo che i popoli facciano meglio a esportare formaggi e tessuti piuttosto che religione o sistemi politici, fatto sta che quel momento ciò che accadeva a Gerusalemme, a cominciare dalla situazione dei pellegrini, cominciò a far notizia. Per la loro sicurezza e assistenza nacquero gli ordini religiosi cavallereschi, tra cui i Pauperes commilitones Christi templique Salomonis, o Templari, ed i Cavalieri dell'Ordine dell'Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, meglio noti come cavalieri di Malta.
 
Da nove secoli tali sodalizi sono il modello che ha fatto dell’ordine la forma definitiva della cavalleria, il luogo dove l’individualità dell’uomo d’arme coincide con la fratellanza dell’uomo di fede. Per farne parte un cavaliere, non diversamente da un monaco, deve far propria una regola. Superficialmente la cavalleria è solo un riconoscimento dall’alto, come accade negli ordini al merito. In profondità è soprattutto una conquista personale, una scelta che presuppone e impone il rispetto di caratteristiche attentamente selezionate dalla storia: risolutezza nell’agire, fermezza nel credere, capacità di servire e condividere, obbedienza a principi morali. E’ una categoria dello spirito, e come tale non ha un’epoca o un luogo più o meno adatto di altri. Quando alcuni di noi si resero conto che il mondo maschile era la nuova Gerusalemme, nel quale l’uomo dai gusti tradizionali stava diventando un pellegrino in terra ostile, fondarono un Ordine che lo difendesse.
 
Fu con questo scopo che nacque il Cavalleresco Ordine dei Guardiani delle Nove Porte, che esiste come gruppo dal 1982, ha questo nome dal 1988 e personalità giuridica dal 1997. Le porte rappresentano altrettante discipline dell’arte di vivere, varchi diversi verso un’intuizione unitaria di qualcosa che si può dire in mille modi, tutti così sbagliati e ambigui che è meglio tacerla e mettersi in cammino, sperando di arrivarci. Ma le porte danno accesso anche ai più grandi piaceri e pertanto attirano turisti e profanatori, ecco perché hanno bisogno di guardiani. I principali simboli del Cavalleresco Ordine sono la chiave della conoscenza e la spada per difenderla. Nessuna croce, nessun paramento, nessuna donna. Non conta la condizione sociale e neanche la religione, perché la fede che ricordiamo nel nostro brindisi è del tutto laica. Il nostro cavaliere ideale, pur essendo armato per definizione, non cerca la battaglia. Ama spendere la  vita al castello, o nella ricerca del suo graal, ma non per questo esita a intervenire quando avverte il dovere di difendere ciò in cui crede. E’ allora, quando comprende che le cose diventano proprie proteggendole più che acquistandole, che si eleva allo Stato di Guardiano.
 
Non essendo un asceta, il Cavaliere vive con intensità la condizione umana e pone attenzione ad ogni cosa o persona, perché il mondo gli parla con il linguaggio della grazia e non della dimensione. Il nostro monumentale Statuto ricorda come il Creato sia colmo di bellezza, ma non per questo il cavaliere le è indifferente o la spreca, anzi se ne erge a paladino. I draghi, che non mancano dentro e fuori di lui, li guarda negli occhi, l’unico punto dove vibrare il colpo per abbatterli. Talvolta si batte, apparentemente solo, contro quelli che la miope moltitudine, ben pasciuta di passività e indifferenza, vede come mulini a vento. Allora le sue forze sono moltiplicate da quei simili da cui non si sente mai lontano, dagli antenati cui si ispira, dai valori che sostiene e lo sostengono.
 
Sentendo che la più grande minaccia sono l’approssimazione e la cancellazione delle differenze, che comportano corruzione del gusto e dell’anima, abituato alla rinuncia ed alla solitudine che sempre recano con sé le certezze, si rifiuta di adeguarsi a quelle forme di superficialità che tendono ad appiattire l’esperienza stessa della vita, togliendole spessore: alla sciatteria spacciata per praticità, alla scostumatezza rinominata semplificazione, alla prevaricazione che viaggia ben camuffata sotto il fieno della prevenzione, in poche a parole a tutto ciò che è fatto male quando avrebbero potuto essere fatto bene, in modo uniformato quando avrebbe dovuto avere varietà. Rifiuterà il bicchiere di plastica al posto del vetro, il tu quando ci voleva il lei, la lode che non sente di meritare. Non chiamerà cucchiaino una disgraziata bacchetta per agitare il caffè e come questa eviterà tutte le definizioni travisate dalla viltà, sempre pronta ad edulcorare le pillole di pigrizia e ipocrisia che ci fanno dimenticare di aver abbandonato la lotta.
 
Avvezzo a sentirsi in un ordine di idee e di valori, in simili situazioni il suo intervento è nell’interesse dell’ordine delle cose. Se  protesta per un servizio indegno, o pretende che la valigia gli sia portata in camera, non lo fa perché è snob o schizzinoso, bensì perché sente che accettare meno di ciò che gli è dovuto sarebbe una complicità con la barbarie di cui i posteri, o semplicemente quelli che verranno subito dopo di lui, potrebbero chiedergli conto. Che appartenga o meno ad un ordine, il cavaliere si distingue per il coraggio e l’abnegazione. Difende la giusta causa, più che se stesso, nelle grandi come nelle piccole imprese. Soprattutto combatte per fede, non per la conquista. Ciò che per lui conta nella battaglia, che alla lunga si confonde con la vita, non è che l’onore, il più alto titolo che potrà trasmettere agli eredi. Conservandolo senza macchia, si mette in condizione di attingere alla nobiltà, stato di dignità inscindibile dalla cavalleria e che ne rappresenta insieme l’essenza, il punto di partenza e il sommo    raggiungimento.
Giancarlo Maresca
(ordine dei guardiani delle nove porte...)